Eran generosi
i tanti viali di castagni
da percorrere insieme,
tanti i mari procellosi
dove spiaggiare
le nostre parole affiatate.
Avevo tanta fame di mondo
e anche tanta fame di te.
Avremmo potuto crogiolarci
su una roccia di licheni
e ammirar insieme
le cime nivee dell’Austria,
esser aria nell’aria tersa
con l’azzurro che ci penetrava
gli alveoli dell’anima rilucente.
Avrei voluto accarezzare
la tua mano antica
mentre ti facevi vecchio,
portarti una coperta sulle gambe
e pulirti gli occhiali da vista,
perché tu potessi ancora
guardare i corridori alla tivù.
Se fosse stato necessario
ti avrei anche accompagnato
il cucchiaio in bocca, e con esso
la trota, la sogliola e l’orata
che tu amavi tanto,
ripulendole con attenzione
da tutte le loro mille lische,
per farti felice
anche negli anni della canizie.
Sarei stato ore e giorni
seduto, a osservarti tacito,
mentre abbrancavi il pennello
e innalzavi la tela bianca
per dipingere in quiete amena
un paesaggio di chiesette.
Ti avrei aspettato tutte le sere
sulla grande porta di casa,
e con me anche la mamma,
vestita come una fresca fidanzata,
proprio come quando
vi conosceste, giovani ignari,
e io non ero che una casta idea.
Avrei voluto venir con te
in palestra, mentre facevi Judo,
e che tu m’insegnassi per bene
a legger le note sullo spartito,
così da suonar arpeggi di chitarra
come un infante Segovia.
Avrei voluto una ninna nanna
in più, che tu mi rimboccassi
le coperte fino al collo
perché non prendessi freddo,
ancora, nelle sere dell’innocenza.
Lo facevi sempre,
ad ogni calar del sole.
Ma il silenzio ha preso tutto.
Anche la tua tomba
è scrostata, sbiadita dal tempo,
l’erba intorno s’è rinsecchita
e io non amo venirti a trovare.
Mi resti vivo, padre,
nel fondo della pupilla
e nell’artrite
sulle dita da pianista,
mi resti come un soffio
nei malandati versi che scrivo,
erigendomi a cavalier dell’amore.
Senza saper quasi
d’essere ancora al mondo.
Senza saper quasi
che avremmo pianto da soli.
Senza di te, che ci portavi
i primi vasetti di yogurt alla frutta
e le figurine di Eddy Merckx,
da attaccarci ridendo sulla fronte.
La morte con te, padre,
si è sbagliata proprio del tutto.
Carlo Molinari
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